Page 281 - Officiolo
P. 281
da tante pene oppresso i Serafini in Ciel?
innamorate ancor?
XI STAZIONE
VII STAZIONE Vedo sul duro tronco
Sotto i pesanti colpi disteso il mio diletto,
della ribalda scorta e il primo colpo spetta
un nuovo inciampo porta dell’empia crudeltà.
a terra il mio Signor.
Quelle vezzose mani
Più teneri dei cuori che al tornio sembran fatte
siate voi duri sassi ahi! che il martel le batte,
né più ingombrate i passi senz’ombra di pietà.
al nostro Creator.
XII STAZIONE
VIII STAZIONE Veder l’orrenda morte
Figlie, non più su queste del suo Signor non puole
piaghe, che porto impresse, onde si copre il sole,
ma sopra di voi stesse e mostra il suo dolor.
vi prego a lacrimar.
Trema commosso il mondo:
Serbate il vostro pianto, il sacro Vel si spezza;
o sconsolate donne, piangon per tenerezza
quando l’empia Sionne i duri marmi ancor.
vedrete rovinar.
XIII STAZIONE
IX STAZIONE Tolto di croce il Figlio
L’ispido monte mira l’avide braccia stende
il Redentor languente, l’afflitta Madre e prende
e sa che inutilmente nel grembo il morto ben.
per molti ha da salir.
Versa per gli occhi il core
Quest’orrido pensiero, in lacrime disciolto;
sì al vivo il cor gli tocca bacia quel freddo volto,
che languido trabocca e se lo stringe al sen.
e sentesi morir.
XIV STAZIONE
X STAZIONE Tomba che chiudi in seno
Mai l’Arca del Signore il mio Signor già morto:
del vel si vede scarca finch’ei non sia risorto
e ignudo il Dio dell’Arca non partirò da te.
vedrassi e senza vel.
Alla spietata morte
Se nudità sì bella allor dirò con gloria:
or ricoprir non sanno, dov’è la tua vittoria?
ditemi, mio Dio, che fanno
Dov’è, dimmi, dov’è?